La paura della morte e la ricerca della vita eterna sono, probabilmente, i desideri più antichi e profondi dell’uomo. Essi sono alla base delle grandi culture e religioni del mondo. Tuttavia, per noi, cristiani ortodossi, la risposta a questo dilemma non si trova in una filosofia astratta, ma in un evento storico e spirituale, pieno di paradossi: il Sacrificio di Cristo sulla Croce. La Domenica prima dell’Esaltazione della Santa Croce prepara le nostre anime a questo grande mistero, attraverso le parole del Salvatore pronunciate nel Suo dialogo con Nicodemo. Apparentemente un testo breve, questo Vangelo è una sintesi dell’intera economia della salvezza.
Il serpente di bronzo e la Croce della Salvezza
Per spiegare a Nicodemo il mistero del Suo sacrificio, il Salvatore fa un’analogia sorprendente ma piena di significato. Egli paragona il Suo futuro innalzamento sulla Croce a un episodio dell’Antico Testamento, descritto nel libro dei Numeri (21:8-9). Durante il viaggio del popolo ebraico nel deserto, essi furono morsi da serpenti velenosi, a causa della loro incredulità. Per ordine di Dio, Mosè fece un serpente di bronzo e lo innalzò su un palo. Chiunque guardava questo serpente, guariva.
A prima vista, il parallelo è scioccante: perché Cristo si paragona a un serpente, simbolo del peccato e del diavolo? La risposta è di una profondità teologica travolgente. Il serpente di bronzo non aveva veleno, era solo una sua immagine. Innalzato su un legno, annullava il veleno degli altri serpenti. Allo stesso modo, Cristo, che “è stato fatto peccato per noi” (2 Cor. 5:21), sebbene Egli non avesse conosciuto il peccato, si è fatto immagine del peccato sulla Croce. Il veleno del peccato e della morte, che ha morso tutta l’umanità, viene annullato attraverso il Suo sacrificio. Chiunque guarda con fede a Cristo Crocifisso è guarito dalle ferite spirituali e riceve la vita eterna.
Il grande Mistero dell’Amore Divino: “Dio ha tanto amato il mondo…”
Il testo evangelico raggiunge il suo culmine, il cuore del messaggio cristiano, nel versetto 16: “Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito“. Questa frase non è solo una dichiarazione, ma una teologia dell’amore. Qui ci viene svelato il mistero della Croce come espressione suprema dell’amore divino. Non è un amore astratto, ma uno concreto, sacrificale. Dio non ha amato il mondo perché lo meritasse, ma perché Egli è Amore. Ha dato Se stesso per noi, peccatori.
San Giovanni Crisostomo ha parlato ampiamente di questo mistero dell’amore, spiegando che è incomprensibile per la mente umana. Sottolineava nelle sue Omelie: “Non c’è amore più grande di questo, che uno dia la sua vita per i suoi amici. Poiché una cosa è che un amico muoia per un altro, un’altra cosa è che Dio, senza peccato, muoia per un mondo intero.” Con queste parole, il Santo Padre ci mostra che il gesto divino della Croce supera ogni logica umana del sacrificio, essendo un atto di amore assoluto e incondizionato.
La Salvezza non è un giudizio, ma una liberazione
Il Vangelo si conclude con una precisazione fondamentale: “Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui“. Questa frase infrange l’immagine di un Dio giudice implacabile. Il Salvatore non è venuto per condannare, ma per offrire una via di salvezza.
Il giudizio è, in realtà, una conseguenza della nostra scelta. La luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato di più le tenebre, perché le loro opere erano malvagie (Giovanni 3:19). Avvicinarsi a Cristo significa avvicinarsi alla luce. Allontanarsi da Lui, significa dirigersi verso le tenebre. La via della salvezza è aperta a tutti, ma ognuno è libero di seguirla o di rifiutarla. La Croce non è un simbolo di condanna, ma un segno dell’amore che ci libera dalla morte e dal peccato.
Conclusione: La Croce, l’altare dell’amore
In questa domenica, la Chiesa ci prepara a comprendere che il segno della croce non è solo un simbolo di sofferenza, ma un emblema della vittoria, dell’amore sacrificale e della vita eterna. Ci ricorda che, per quanto profonde possano essere le ferite del peccato nella nostra vita, esiste una via per la guarigione. Come gli Ebrei nel deserto, siamo chiamati a guardare a Cristo Crocifisso con fede e con penitenza, per ricevere guarigione dal veleno della morte.
Preghiamo affinché la Domenica prima dell’Esaltazione della Santa Croce ci sia una preparazione spirituale, che ci aiuti a guardare con gli occhi del cuore a Colui che si è dato per noi per amore. Solo così possiamo comprendere che portare la nostra croce non significa portare una maledizione, ma ricevere una benedizione, una possibilità di vita eterna.

