La Misericordia che vince la morte: La Risurrezione del figlio della vedova di Nain – Una lezione sulla compassione di Cristo

Non c’è dolore più acuto e straziante per il cuore umano della perdita di un figlio. È un tragico rovesciamento dell’ordine naturale, in cui i genitori, fonte di vita, sono costretti ad accompagnare i loro figli nel regno del silenzio. Nella XX Domenica dopo la Pentecoste, il Santo Evangelista Luca ci introduce in un momento di lutto universale, nella città chiamata Nain. Lì, alla porta della città, si incontrano due folle: il corteo funebre della Morte e del Dolore, e il corteo luminoso della Vita, guidato da Cristo.

Questo Vangelo (Luca 7, 11-16) non è solo un resoconto storico di un miracolo, ma un’icona spirituale (duhovnicesc) di come la Misericordia di Cristo interviene nella più nera delle tragedie umane. È una testimonianza che il Signore non aspetta di essere pregato, ma agisce per una compassione divina, incondizionata e onnipotente.


L’Incontro delle Due Folle: Vita contro Morte

La scena si svolge alla porta della città, un luogo simbolico che separa la vita dal resto del mondo. Mentre Gesù si avvicina alla città, accompagnato dai Suoi discepoli e da una “folla numerosa” (quella della Vita), un’altra folla, anch’essa “numerosa”, usciva dalla città. Questa seconda folla, oppressa dal silenzio e dalla solennità del lutto, accompagnava una bara.

Il dramma della vedova di Nain è concentrato in quattro parole che dipingono la tragedia assoluta:

  1. Il Morto: La perdita fisica.
  2. Unico figlio: La speranza del futuro e della stirpe era spenta.
  3. Vedova: L’isolamento sociale e la mancanza di sostegno in una società dove la donna dipendeva dall’uomo.
  4. Folla numerosa: Il dolore era condiviso, ma impotente di fronte alla morte.

Questa donna non aveva nessuno. La morte di suo figlio non era solo una tragedia personale, ma una condanna alla povertà e alla solitudine. Ella non conosceva Gesù, non chiese un miracolo, non gridò aiuto. Ella solo piangeva.


Il Tocco dell’Umiltà e la Parola del Potere

La Misericordia di Cristo, descritta in greco con il termine splagchna (che significa il movimento delle viscere), non è una semplice simpatia, ma una compassione divina che porta il Figlio di Dio a identificarsi totalmente con la sofferenza dell’uomo.

Vedendola, il Signore agisce immediatamente e con autorità: “E il Signore, vedutala, ne ebbe compassione e le disse: Non piangere!

Poi, Gesù compie un gesto scioccante per l’epoca: “e avvicinatosi, toccò la bara.” Secondo la Legge mosaica (Numeri 19:11), toccare un morto rendeva l’uomo impuro. Con questo gesto, Cristo mostra di essere il Signore della Legge e, cosa più importante, che la Sua santità è più forte di qualsiasi impurità della morte. Gesù non teme la morte; Egli la tocca, spogliandola del suo potere.

San Cirillo d’Alessandria sottolinea il carattere divino di questo intervento:

“Egli non pregò, non chiese il permesso di guarire, ma comandò con autorità, mostrando di essere la fonte della vita, che la morte obbedisce a Lui e che non ha bisogno dell’aiuto altrui per risuscitare il morto.”

Con il semplice gesto, coloro che portavano la bara si fermarono, riconoscendo in silenzio l’Autorità.

Giovane, a te lo dico, alzati!

La Misericordia del Salvatore prende forma attraverso il Suo comando diretto e semplice: “Giovane, a te lo dico, alzati!

Questo comando è diverso dal modo in cui i Profeti dell’Antico Testamento (come Elia ed Eliseo) risuscitarono i morti. Essi pregarono e compirono determinati rituali (si distesero sul morto). Cristo invece, come Dio, ordina. La Sua Parola non è solo un suono, ma è il Logos (la Parola) creatore che, essendo la Vita in Sé, ristabilisce la vita.

Il testo ci offre poi l’immediata conferma della potenza divina: “Il morto si levò e si mise a sedere e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.” Cristo ristabilisce non solo la vita, ma anche l’ordine naturale e il legame familiare, mostrando la Sua cura per le relazioni umane.


La Risurrezione dell’Anima: Dalla Morte Spirituale alla Vita

Oltre la risurrezione del corpo, la parabola del figlio della vedova di Nain ha un profondo significato spirituale (duhovnicesc) per ciascuno di noi.

  • La Vedova può rappresentare l’anima o la Chiesa, privata della grazia o della presenza attiva di Dio a causa del peccato.
  • Il Figlio morto è la nostra anima, che, sebbene viva fisicamente, può essere morta spiritualmente – paralizzata dalle passioni, soffocata dalle preoccupazioni, trascinata verso la tomba dell’abitudine e del peccato.

La chiamata “alzati!” è, quindi, un comando continuo rivolto a ogni uomo caduto nel peccato. È la chiamata al pentimento, al risveglio dal sonno dell’indifferenza e all’assunzione di una vita nuova in Cristo.

San Giovanni Crisostomo spiega questa urgente necessità di risvegliarsi dalla morte del peccato:

“Perché ti lamenti ancora? La vita ti è stata data! Cristo è venuto non solo per risuscitare te che sei mortale, ma anche colui che è morto nel peccato. Non giacere sulla bara delle tue passioni, perché la Parola della Vita si è fermata accanto a te!”

La grazia di Cristo è sempre pronta a toccare la nostra “bara” e a risollevarci, a condizione che ci fermiamo dal cammino che conduce alla perdizione.


La Testimonianza della Fede e la Visita di Dio

La reazione della folla fu di adorazione e testimonianza: “Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo.

La folla riconobbe in Gesù non solo un semplice guaritore, ma Colui che era stato mandato da Dio. L’espressione “Dio ha visitato il suo popolo” è un profondo riconoscimento teologico: la visita di Cristo non è casuale, ma è la Visita Divina – il momento in cui Dio, nella Sua misericordia, interviene direttamente nella storia per offrire la salvezza.

La risurrezione del figlio della vedova di Nain testimonia una verità essenziale: Gesù Cristo è la Risurrezione e la Vita. Egli è venuto per trasformare il corteo funebre del mondo nel corteo della vittoria.


Conclusione: La Sorgente Inesauribile della Misericordia

Il Vangelo della XX Domenica dopo la Pentecoste ci insegna che nessun dolore è troppo grande e nessuna morte spirituale (duhovnicesc) è definitiva quando incontriamo la Misericordia di Cristo. Di fronte alle nostre tentazioni, ai fallimenti e ai peccati che ci hanno “ucciso” il cuore, dobbiamo ricordarci della vedova di Nain e delle parole del Salvatore: “Non piangere!

Sia che ci sentiamo impotenti come la vedova, sia che siamo morti nelle passioni come suo figlio, Cristo ci aspetta alla porta della nostra città interiore. Fermiamoci sul cammino verso la perdizione e riceviamo la Sua Parola datrice di Vita. Attraverso questo atto di fede e pentimento, risorgeremo dalla morte del peccato e saremo restituiti, come figli vivi, alla Sua Chiesa, per la gloria di Dio.

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