Il Monte Tabor: Una Finestra sull’Eternità. Il Significato del Vangelo della Trasfigurazione

Nel calendario ortodosso, il 6 agosto è segnato in rosso, ricordando una festa piena di luce e di profondi significati: la Trasfigurazione del Signore. Questa celebrazione ci invita a salire, insieme a Cristo e a tre dei suoi discepoli, su un alto monte, il Monte Tabor, dove ebbe luogo un evento unico nella storia della salvezza. Ciò che accadde lì non fu un semplice miracolo, ma una rivelazione di ciò che significa veramente il Regno di Dio e del destino di luce dell’uomo. Fermiamoci per un istante e approfondiamo il testo del Vangelo di Matteo (17, 1-9) per scoprire cosa ci trasmette questo mistero.


La Testimonianza degli Occhi e dell’intera Tradizione

L’evangelista Matteo ci introduce direttamente nel cuore dell’evento: Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce su un alto monte. Lì, un evento sorprendente si svolge davanti ai loro occhi: il Suo volto risplende “come il sole”, e le Sue vesti diventano “bianche come la luce”. È una luce che non proviene da alcuna fonte esterna, ma irradia dall’interno, dalla Sua divinità. Questa è la Luce Increata, l’energia divina di Dio, che la Chiesa, attraverso i Santi Padri come San Gregorio Palamas, ha difeso come una realtà della presenza divina, accessibile all’uomo per grazia.¹

Il momento non fu solo una dimostrazione di potere, ma una conferma della Sua identità messianica. Accanto a Cristo appaiono Mosè ed Elia, due figure fondamentali dell’Antico Testamento. Mosè, il rappresentante della Legge, ed Elia, il rappresentante dei Profeti, testimoniano che Gesù è il compimento di tutte le profezie e della legge data da Dio al popolo eletto. È un’immagine dell’unione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, della continuità del piano divino di salvezza.


La Voce del Padre e la Santità del Timore

Mentre Pietro, sopraffatto dal momento, propone di erigere tre tende, un gesto che avrebbe in qualche modo messo Gesù allo stesso livello di Mosè ed Elia, l’evento raggiunge il suo culmine. Una nuvola luminosa, simbolo della presenza di Dio, li copre tutti, e dalla nuvola si ode una voce potente: “Questi è il Figlio mio, l’amato; in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. Questa è una teofania, una manifestazione della Santa Trinità. Il Padre testimonia il Suo Figlio, confermando ancora una volta la Sua divinità.

Udendo questa voce divina, i discepoli cadono con la faccia a terra, sopraffatti da un santo timore. Non è la paura della punizione, ma una profonda consapevolezza della santità, della maestà divina di fronte al limite umano. È il momento in cui la realtà celeste penetra quella terrena, e l’uomo è sopraffatto da un sentimento di adorazione e umiltà.


L’Ordine del Silenzio e la Preparazione per la Resurrezione

Dopo questo momento di rivelazione, Gesù si avvicina ai discepoli, li tocca e comanda loro: “Alzatevi e non temete!”. Il Suo tocco ha un ruolo essenziale: li riporta alla realtà terrena, li incoraggia e dissolve il loro timore. Alla fine, scendendo dal monte, Gesù dà loro un ordine sorprendente: “Non raccontate a nessuno la visione, finché il Figlio dell’uomo non sarà risorto dai morti.”

Perché questo ordine del silenzio? Uno dei motivi è di natura pedagogica. I discepoli non avrebbero potuto comprendere appieno il senso della Trasfigurazione senza l’esperienza del Sacrificio e della Resurrezione. Senza la Resurrezione, la luce del Tabor sarebbe rimasta solo un evento spettacolare, privo del suo contesto finale di salvezza. Solo dopo la Resurrezione potranno collegare la luce del Tabor alla luce del sepolcro vuoto, comprendendo che la passione e la morte non sono un fallimento, ma una tappa necessaria verso la gloria.


Una Festa della Speranza e del Cambiamento Personale

La festa della Trasfigurazione non è solo la commemorazione di un evento storico, ma un invito personale. La Trasfigurazione di Cristo prefigura la nostra trasfigurazione interiore. La luce che ha brillato sul Monte Tabor è destinata a illuminare anche le nostre anime, a cambiarci dall’interno verso l’esterno.

Questa festa ci ricorda che l’uomo non è fatto per l’oscurità, ma per la luce, per la condivisione delle energie divine. Come diceva Sant’Andrea di Creta, noi siamo chiamati a salire sul “monte della virtù, del pensiero, della visione dei misteri, della comprensione e della contemplazione”², per incontrare Cristo trasfigurato. Siamo invitati a cambiare i nostri volti, attraverso la preghiera, il digiuno e le buone azioni, affinché anche in noi possa riflettersi la luce di Dio. È una festa della speranza, che ci assicura che la disperazione, la morte e l’oscurità non hanno l’ultima parola.


¹ San Gregorio Palamas, Triadi per la difesa dei santi esicasti, Ed. Anastasia, 1999, p. 121.

² Sant’Andrea di Creta, Omelie sulle feste imperiali, Editura Doxologia, Iași, 2012, p. 78.

Torna in alto