Dai pesci agli uomini: Il cammino dal fallimento alla fede. Sul Vangelo della Pesca Miracolosa

Chi non ha mai provato il sapore amaro del fallimento, del lavoro assiduo compiuto invano? Ci affanniamo per un giorno, un mese, un anno, e i risultati sono nulli. È esattamente in questo stato di frustrazione e stanchezza che troviamo i pescatori sul lago di Gennèsaret, all’alba di un giorno qualunque. Dopo un’intera notte di fatica, sono a riva, intenti a lavare le loro reti vuote – il segno più eloquente del fallimento.

Il Vangelo della XVIII Domenica dopo la Pentecoste, noto come la Pesca Miracolosa, non è solo il racconto di un miracolo materiale. È, soprattutto, una lezione essenziale sulla chiamata spirituale (duhovnicească), sul potere della Parola di Cristo di trasformare la disperazione in vittoria e il fallimento in vocazione.


 

Il fallimento umano e il trionfo divino

 

Il contesto è semplice: Simon Pietro e gli altri pescatori erano esperti nel loro mestiere. Conoscevano il lago, le correnti e le ore propizie. Nonostante ciò, avevano affrontato una notte sterile: “abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla“.

In questo stato di fallimento e rassegnazione, Cristo sale sulla barca di Pietro. Questa azione simbolica ci mostra che il Salvatore si avvicina a noi esattamente nei momenti di debolezza e sconforto, usando la “barca” della nostra vita come piattaforma per la predicazione.

Dopo aver finito di istruire la folla, Cristo dà un comando che sembra assurdo ai professionisti della pesca: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca.” Dal punto di vista umano, l’ordine era illogico: era giorno, e avevano appena lavato le reti dopo aver faticato inutilmente tutta la notte.


 

L’obbedienza: La porta del miracolo

 

La risposta di Pietro è una sintesi perfetta della lotta interiore dell’uomo credente: scettico nella sua logica (“abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”), ma sottomesso nella fede: “ma sulla tua parola getterò le reti“.

Questo “sulla tua parola” è la chiave dell’intero miracolo. Pietro sceglie di superare la sua logica umana e la sua esperienza professionale, ponendo invece l’autorità della Parola di Cristo al di sopra di tutto. Qui si manifesta l’inizio della fede spirituale.

Il frutto di questa obbedienza è una pesca così abbondante che le reti si rompono ed entrambe le barche rischiano di affondare. È una dimostrazione schiacciante della potenza divina: là dove lo sforzo umano è miseramente fallito, la Parola di Cristo porta una pienezza inimmaginabile.


 

Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore!

 

La reazione immediata di Simon Pietro al miracolo non è di gioia per il guadagno materiale, ma di timore santo e di profonda consapevolezza della propria condizione. Si inginocchia e pronuncia una delle preghiere più sincere dei Vangeli: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore!

In presenza della Santità perfetta, Pietro non si vede più come il pescatore stanco e sfortunato, ma come un peccatore. La luce della grazia di Cristo gli rivela, come in uno specchio, l’oscurità del suo stesso cuore. Questo riconoscimento del peccato, questa umiltà autentica, è la condizione essenziale per ricevere la chiamata a una vita superiore.


 

La chiamata radicale: Pescatore di uomini

 

Invece di rimproverare Pietro, Cristo gli risponde con una parola di incoraggiamento e trasformazione: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini.”

Qui avviene il passaggio dal piano materiale a quello spirituale, dalla professione di pescare pesci alla vocazione apostolica di salvare anime. I pescatori, che fino ad allora avevano usato le loro reti per tirare fuori i pesci dall’acqua verso la morte, erano ora chiamati a usare la Parola di Dio (la rete) per tirare fuori gli uomini dal “mare” agitato del mondo, del peccato e della morte, per condurli al porto sicuro della Chiesa, del Regno di Dio.

Sant’Agostino (o, nella tradizione orientale, Padri come San Cirillo di Alessandria) ha spiegato magnificamente questa metafora, mostrando che essere pescatori di uomini non significa “cacciare” per uccidere, ma “cacciare” per dare la vita eterna. Invece di portare le anime a una morte certa sulla terraferma, le si conduce al porto del Regno di Dio.

Il finale del Vangelo è una chiara prova del cambiamento di valori: “Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.” Non si sono aggrappati al guadagno materiale favoloso, ma hanno compreso che il miracolo era solo un segno, un invito a un destino di gran lunga superiore.


 

Conclusione: I pescatori siamo noi

 

Il Vangelo della Pesca Miracolosa è un appello rivolto a ogni cristiano. Ci insegna che, per quanto possiamo aver “faticato” nella vita senza successo, il Salvatore è pronto a salire sulla nostra barca. Egli ci chiama a passare dalla logica del fallimento al potere dell’obbedienza.

Siamo chiamati ad avere la fede di Pietro per vincere i nostri dubbi e agire secondo la Parola di Cristo, anche quando sembra assurdo. E quando la Sua grazia si riversa su di noi, siamo chiamati all’umiltà di Pietro, riconoscendo di essere “peccatori”. Solo questa consapevolezza e l’accettazione della chiamata radicale a lasciare dietro di sé le cose terrene possono trasformarci da semplici uomini che faticano per le cose di quaggiù, in pescatori di uomini per il Regno celeste.

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