Il potere della Croce: Amore, paradosso e vittoria. Sul Vangelo dell’Esaltazione della Santa Croce

Il segno della croce, quello che i cristiani portano con onore sul petto e con cui si segnano ogni giorno, è un paradosso della storia umana. Duemila anni fa era uno strumento di tortura, un simbolo di umiliazione e di morte. Oggi è l’emblema della vittoria, della vita e dell’amore infinito. La festa dell’Esaltazione della Santa Croce ci invita a guardare oltre il legno della sofferenza e a comprendere il profondo e spirituale significato del Sacrificio del Salvatore. Il Vangelo di questo giorno ci pone, con una sobrietà sconvolgente, al centro degli eventi del Golgota, rivelando un dramma di codardia umana, ma anche un Mistero dell’amore divino.


Dramma e Giudizio: Il silenzio che parla

Il Vangelo si apre con una scena di giudizio terreno, piena di rumore e rabbia. I sommi sacerdoti e la folla gridano: “Crocifiggilo! Crocifiggilo!”. Di fronte a questa isteria, Pilato, il rappresentante del potere romano, vacilla. Sebbene riconosca di non trovare in Lui alcuna colpa, cede alla pressione. La sua azione è un simbolo della codardia umana, della paura di prendere una decisione giusta, preferendo lavarsi le mani dalla responsabilità.

In un contrasto sorprendente con questa agitazione, si trova il silenzio di Gesù. Quando Pilato Gli chiede: “Da dove sei?”, Gesù non risponde. Questo silenzio non è una prova di debolezza, ma di potere supremo. Il Salvatore non risponde a domande superficiali, perché il Suo giudice non ha la capacità spirituale di comprendere le risposte profonde. Quando Pilato mostra il suo “potere” di liberarLo o crocifiggerLo, Gesù gli dà una lezione di teologia del potere: “Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse stato dato dall’alto.” Con queste parole, Cristo mostra che gli eventi non sono il risultato del caso o della volontà degli uomini, ma sono sotto il controllo divino. Egli si consegna volontariamente, non è costretto.


Il potere nel paradosso: Il Re su un trono di legno

Il momento della crocifissione sul Golgota è il culmine del dramma. Su un colle che sarebbe diventato il centro del mondo, Gesù viene crocifisso tra due ladroni. Ma il dettaglio più importante, quello che conferisce alla Croce un nuovo significato, è l’iscrizione posta da Pilato sopra la testa del Salvatore: “Gesù il Nazareno, il Re dei Giudei.” Scritta in ebraico, greco e latino – le lingue dominanti dell’epoca – questa tavoletta trasforma la Croce in un trono. Senza volerlo, Pilato ha fatto una confessione della Verità. Cristo è stato giudicato come un criminale, ma la Sua Croce è diventata un altare e un trono dal quale Egli regna sul Suo Regno.

Dalla Sua apparente morte, sgorga la vita per tutti. San Giovanni Crisostomo spiega questo paradosso della vittoria, dicendo: “La morte ha avuto paura della morte di Cristo ed è stata infranta.” [1] Il Salvatore si dona alla morte per sconfiggerla dall’interno. La Croce non è un simbolo di fallimento, ma di vittoria. Attraverso la Croce, la morte viene sconfitta.


L’amore sulla Croce: Un Mistero di vita

La scena ai piedi della Croce è anch’essa piena di significato spirituale. Lì c’era la Madre di Dio, insieme al discepolo amato, Giovanni. Dal mezzo delle Sue sofferenze, Gesù pensa a Sua Madre e la affida al discepolo: “Donna, ecco tuo figlio!” e “Ecco tua madre!”. Con queste parole, Egli non solo si prende cura di Sua Madre, ma istituisce un mistero della Chiesa. La Madre di Dio diventa la madre di ogni cristiano, e il discepolo amato, Giovanni, rappresenta l’intera Chiesa, che il Salvatore accoglie come una madre.

Un altro momento essenziale è quello in cui il costato del Salvatore viene trafitto dalla lancia. Il Vangelo racconta che dalla Sua ferita “uscirono sangue e acqua.” Questo gesto ha un profondo significato teologico. Dal costato del Signore escono i due elementi essenziali della vita della Chiesa: il sangue dell’Eucaristia e l’acqua del Battesimo. San Cirillo di Alessandria ha parlato di questo mistero, mostrando che la morte di Cristo è, in realtà, una sorgente di vita per tutti i credenti: “Dal Suo costato uscì il sangue e l’acqua. Il sangue, perché fu il sacrificio del Salvatore; l’acqua, perché fu il battesimo, entrambi unendo gli uomini a Lui.” [2] La Croce non è una fine, ma l’inizio di una nuova vita attraverso i Sacri Misteri.


Conclusione: Perché onoriamo la Croce?

La festa dell’Esaltazione della Santa Croce ci esorta a comprendere che onorare la Croce non significa onorare la sofferenza, ma onorare l’amore infinito di Dio. La Croce è un altare su cui è stato offerto il sacrificio supremo. È un segno di vittoria, un simbolo di pazienza e umiltà. Di fronte alla Croce, comprendiamo che il vero potere non risiede nella violenza, ma nell’amore che si dona fino alla fine.

In questo giorno di festa, siamo chiamati a prendere la nostra croce, cioè ad assumerci con dignità e fede le difficoltà della vita, sapendo che non siamo soli. Cristo è andato prima di noi, ha trasformato la morte in vittoria e ci ha mostrato che la via giusta, anche quando sembra la più difficile, conduce alla Risurrezione.


Note a piè di pagina:

[1] San Giovanni Crisostomo, Omelie sul Sabato Santo.

[2] San Cirillo di Alessandria, Commentario al Vangelo di Giovanni.

Torna in alto