In un mondo in cui siamo spesso costretti a scegliere tra l’essere “troppo buoni” e il lasciarci ferire, o l'”indurire il cuore” per difenderci, emerge una terza via, più sottile e profonda. Non è una via di compromesso, ma di equilibrio spirituale. Come sottolinea un testo contemporaneo, puoi essere una persona piena di compassione e, allo stesso tempo, difendere la tua dignità, stabilendo limiti chiari. Questa “compassione ferma” non è una contraddizione, ma l’espressione di un amore autentico, una virtù che affonda le sue radici nella Tradizione Ortodossa.
Amore autentico: tra sacrificio e discernimento
Molti fedeli associano la bontà a una passività assoluta, a un tipo di accettazione di qualsiasi comportamento dannoso. Tuttavia, un tale modello di “bontà” può portare a sofferenza, debolezza e, paradossalmente, all’indebolimento delle relazioni. I Santi Padri ci insegnano che l’amore cristiano è, prima di tutto, un atto di discernimento. Amare il prossimo non significa convalidare il suo peccato o permettergli di ferirti. Al contrario, un tale approccio può alimentare l’orgoglio e la pigrizia dell’altro, privandolo della possibilità di redimersi.
San Isacco il Siro ci insegna che la vera compassione non è una semplice reazione emotiva, ma un frutto della preghiera e di una profonda comprensione della natura umana. Implica il vedere il dolore dell’altro, ma anche il vedere te stesso con umiltà. Pertanto, quando qualcuno ti ferisce, puoi riconoscere la sofferenza che lo ha plasmato, senza permettergli di giustificare le sue azioni. Perdonare non significa dimenticare o accettare che il male si ripeta. Perdonare significa rinunciare al desiderio di vendetta e affidare l’altro nelle mani misericordiose di Dio, stabilendo al tempo stesso una sana distanza per proteggere la tua anima.
Fermezza: difendi la tua anima senza indurirla
L’esempio più eloquente di questa compassione ferma ce lo offre il Salvatore Cristo. Egli ha mostrato una dolcezza e un amore infiniti verso i peccatori, ma non ha esitato a rimproverare i farisei e gli scribi per la loro ipocrisia. Di fronte a loro, è stato fermo, ha tracciato un limite chiaro, dimostrando che la malvagità e l’ipocrisia non sono compatibili con la via del Regno. Questa fermezza non era un segno di mancanza di amore, ma una prova dell’amore perfetto che non accetta la menzogna e non teme la verità.
Nella vita di tutti i giorni, navigare nelle relazioni può essere una vera ascesi. Come dice un padre spirituale, “non puoi aiutare chi sta annegando se anneghi anche tu.” Stabilire limiti sani è un atto di responsabilità spirituale che ti permette di mantenere la tua pace interiore, un dono inestimabile dello Spirito Santo. Questo non significa diventare indifferente, ma proteggere il tuo mondo interiore, per poter poi offrire un aiuto sincero, dalla pienezza del cuore, e non da un obbligo forzato o da un senso di colpa.
Esortazione all’equilibrio spirituale
La compassione ferma è, quindi, una via verso la maturità spirituale. Ci invita a rinunciare alla visione semplicistica del bene e del male e ad abbracciare un approccio più sfumato e autentico. Essere buoni non significa essere ingenui. Essere compassionevoli non significa permettere di essere feriti ripetutamente. La vera bontà è una forza che ti permette di rimanere saldo, di difendere la tua anima e di amare il tuo prossimo in un modo che lo aiuta veramente a crescere, senza sacrificare te stesso. Attraverso questo percorso, coltiviamo non solo relazioni più sane con gli altri, ma anche un legame più profondo con Dio, Colui che è la fonte di ogni amore e di ogni equilibrio.

